Ho sognato acqua, tanta acqua, tubature che si rompevano, panetti d’argilla che a contatto con l’acqua sporcavano in giro.
Questo avveniva in uno spazio onirico che non era il mio, ero in uno spazio di cui non ero padrone ma faceva capo alla mia ex moglie, nel sogno non compare, ma avverto la mia presenza, lo spazio era però dentro o adiacente la stazione centrale dei treni.
Nel sogno ho il terrore che la rottura di queste tubature (originata da un bagno) sia addebitato direttamente a me, nel sogno so che questo incidente inficerebbe la nostra relazione, lei non era presente, la sua presenza era nel panico che determinava la sua figura.
Nel sogno stava tornando col padre, contavo i panetti d’argilla, erano tutti aperti, erano quattro, mi chiedevo: perché ha aperto i panetti d’argilla tutti insieme? L’argilla secca e ora con tutta quest’acqua sporcherà tantissimo.
Contenuti archetipici:
Sognare acqua può volere dire: periodo di forti emozioni che non si vuole affrontare.
Sognare una perdita d’acqua:
bloccati in una situazione o in un atteggiamento che trattiene e che impedisce di progredire.
Sognare acqua in casa (infiltrazioni, allagamenti, perdite): Crisi interiore, sentimenti del sognatore potrebbero essere fuori controllo.
La stazione: luogo di passaggio. In alcuni casi, il sogno di una stazione può rappresentare un momento di passaggio nella nostra vita.
Combinazione di emozioni, desideri segreti e possibili situazioni che potrebbero accadere nel prossimo futuro.
Sognare ex moglie: il subconscio impiega tempo a somatizzare la separazione.
Sognare il suocero defunto: un problema familiare, disaccordi, divergenze e scontri imminenti.
Inciampare su argilla: qualcosa di sgradevole, ma nuove interessanti iniziative.
Pozzanghera in una colata di fango: i piani sono destinati al fallimento
I geniali ed incisivi fenomeni Culturali del momento non sono altro che tentativi iniqui, privi di vita imposti alla città.
L’artista si mette in gioco con il politico adeguandosi all’appalto del libero mercato.
L’artigiano propone strutture fatte di ferraglia per lavori edili, mappine puzzolenti e addobbi natalizi nei mesi estivi.
Del resto la decadenza culturale e sociale va a braccetto con il politico di turno, è ormai ripetutamente una verità storica l’assenza di significato la progettazione di forme nel territorio.
L’artigiano naufragato a Napoli per realizzare gli addobbi natalizi per ferragosto, ricorre alla storica Accademia di Belle Arti dei Morelli, dei Palizzi, dei Gemito, trasformandola in una fabbrichetta cinese di periferia per fare lanterne di cartone, per un luogo che si chiama PORT’ALBA sorgente di storia, cultura.
Lanterne fuori luogo.
È molto grave la perdita della Memoria Storica del luogo.
Il Politico ha “mis a lanterna mano o cecato” , il naufrago utilizza l’omologazione delle diversità Culturali in un’unica prassi culturale.
Questa influente corruzione mentale è permanente, avviene tramite eccessivo godimento virtuale che, cambia la nostra stabilità psichica in una nuova realtà massificata e globalizzata.
Il soffocante abbraccio mediatico ci permette di scaricare le nostre tensioni quotidianamente, trasformandosi in impulsi elettronici con contorni musicali che si ripetono con monotonia senza tempo.
La materia cerebrale umana sembra che sia morta sulle rovine dell’edificio simbolico.
Abbandonate i sepolcri della rete mediatica connettevi, con gli spiriti del tempo passato dei vostri luoghi, riprendete il culto dei morti perché la loro memoria vive con noi.
Osservate la materia le forme tramandate con all’interno il loro messaggio, ascoltate e capirete che all’interno di esse sentirete l’estensione della vita nello spazio.
Dalla materia alla tecnica, è lo spirito che lavora per trovare la bellezza e la qualità nell’azione.
La materia diventa pensiero, il simbolo diventa significato, è la vita che prende forma, entrate nell’estensione dei fluidi più segreti!
Il vero artista non si accontenta di rivestire di una forma. di sensibilità, ma risveglia la sensibilità della materia.
Lo spirito ritorna al principio della materia e alla sua forma che è costante, rigorosa, perfetta e si propaga in un prodigioso, vigoroso animismo.
In conclusione la vita è l’aspetto formale della vita dello spirito.
Forse mai nella nostra città è stato così difficile comprendere ciò che sta accadendo.
La nostra cultura artistica è a rischio.
Napoli è assediata dalla Cultura Primitiva e provinciale del Sarno con forme infantili, ripetitive e noiose, da artigiani con problemi di crescita.
Queste luminarie da capodanno cinese, sono oggi la testimonianza di un ritardo neo tecnico appena superiore al livello animale, testimonianza di un individuo che ha paura di essere lasciato solo al buio, costui tenta l’impossibile, è il sogno nevrotico di una tardiva infanzia in cerca di maturazione.
Il Gorgo, il vortice è centrato nella pratica rituale, nella sua modalità, nella organizzazione dei poteri e nei suoi programmatici piani di distorsione espressiva che, introduce sistematicamente nell’ energia danzante.
Come e dove ci porterà il gorgo danzante?
Gli spiriti sapienti della antica Grecia lo dicono.
La struttura architettonica scarna di valori simbolici che, vedo alle tue spalle, ti abbraccia lentamente con la sua moltitudine e mappine varie.
Ma chi?
Per quale scopo l’abbraccio?
Chi ha ispirato questo Gorgo mitologico, rivoluzionario che, porta lontano da ciò che è vero, verso una amara e falsa libertà?
L’inganno nell’arte è un atteggiamento che si adotta nei tempi per il suo piacere estetico/osceno, l’inganno provoca piacere nella valenza del segno, nei limiti del linguaggio, nel potere dei linguaggio, nel dolore.
Nel tempo dell’intelligenza artificiale il problema umanistico nelle città viene continuamente trascurato sia dagli artisti architetti sia dalla psichiatria quanto dal Governo cittadino.
Nel tempo della civiltà industriale socialista, tempo molto vicino, si progettavano cittadine modello, con fabbriche da sogno, alloggi, giardini alberati, tutto per rendere il lavoro felice, con doveri sociali.
Ci troviamo con città affollate, sudicie, gente che muore d’inerzia sotto antichi porticati di Palazzi Nobiliari, città rumorose, inquinate.
Oggi siamo giunti alla fine della Storia.
Contengo Moltitudine?
Il freddo abbraccio di questa struttura richiama il potere alla sudditanza, è una strategia che la scienza dell’immaginazione con la simulazione della reversibilità può rivolgersi contro se stessa.
La struttura autoritaria bellica cerca il dominio della mente tramite la comunicazione visiva.
Oggi è più che mai chiaro e al contempo drammatico il contrasto dei valori tra la concezione umanistica e gli ideali dei sadici nazisti dell’ occidente che dal dopo guerra sono gli autori di stragi nel mondo con milioni di persone uccise, vedi il GENOCIDIO del popolo PALESTINESE,
un abbraccio mortale degradante ignominioso che nessuno essere umano degno di rispetto può tollerare.
Gli artisti intellettuali, i cecchini dell’arte tengono una situazione di dominio sulla comunicazione visiva e verbale, riescono a nascondere la vera ragione di un genocidio fisico e culturale sull’individuo.
In queste manifestazioni analizzo lo squilibrio dell’arte, complesse azioni alienanti al sistema dell’arte di Stato.
Io ritorno spesso nei luoghi della antica sapienza che gli spiriti e spettri del passato, Spiriti che mi hanno sempre chiarito l’aberrante visione dell’arte nella civiltà massificata e globalizzata.
Antonio Milanese, Comandante Polvere, docente storico del Liceo Artistico Filippo Palizzi e Artista.
A Salvatore Iacono Gallerist, riconosco il merito storico, d’avere valorizzato prima simbolicamente e massmediaticamente, poi economicamente, una produzione unica, esclusiva, nata, cresciuta e sviluppata in tempo di lockdown.
Personalmente mi rimprovero d’avere anteposto l’intermediazione del mio lavoro e ricerca, affidandola a un collezionista da quattro euro, piuttosto che elaborare serie strategie di divulgazione e tutela del mio lavoro, cosa che con Salvatore Iacono Gallerist a suo tempo si stava progettamene.
A distanza di due anni, non posso che constatare, come faccia egregiamente il suo lavoro con quanto acquisito.
Non ci s’improvvisa nel mondo dell’arte, la comprensione dell’arte e il suo studio, non hanno nulla a che fare con la sua mercificazione, Salvatore Iacono lo sa, e tutelando il mio lavoro dinanzi a terzi, lo dimostra.
Spero che quando ripartirò con la mia ultima produzione, e la mostrerò al pubblico, potrò contare di un gallerista d’area Napoletana, che abbia le sue stesse competenze e la sua stessa sensibilità, nei confronti delle ricerche artistiche contemporanee, e anche d’avere a che fare con collezionisti un tantino più seri, che non siano li, nel nome dell’arte Indy, a fare storie per la venti, trenta, cinquanta o cento euro in più, comprare arte contemporanea, non è proprio come acquistare dai cinesi (in Italia)…
2) Il terzo scudetto del Napoli, lo possiamo considerare “artistico”? Perché?
3) Il dissing tra il sardo Salmo e il napoletano Luche, quest’estate su Tiktoc, è diventato virale, pensi abbia a che fare con la comunicazione “artistica”?
4) Una versione in plastica alta 5 metri, della “Venere degli stracci”di Michelangelo Pistoletto, è stata arsa dopo due settimane in Piazza Municipio a Luglio, che idea ti sei fatta/o del misfatto?
5)Conosci Jorit? I suoi ritratti che raccontano la “razza umana” caratterizzano e contrastano il degrado in tanti scenari della nostra città: artista o pittore?
6) Siamo in un Liceo a indirizzo Artistico: possiamo accordarci nella nostra quotidianità ed aggettivare qualcosa come artistico?
Cosa c’è nella tua quotidianità (tragitti, percorsi, situazioni, ambienti…), che definiresti artistico?
7) Pensi sia più stimolante artisticamente, una mostra di Picasso che si relaziona al classico e all’antico, al Museo Archeologico di Napoli, o una carrellata di video su TikToc o di foto (e reel) su Instagram?
8) Questo è il laboratorio di Discipline Plastiche, in cosa si differenzia dal laboratorio di Discipline Pittoriche? Le Discipline Plastiche possono essere piatte?
9) Un’immagine può essere indice, icona o simbolo, qual’è la differenza tra queste tre definizioni d’immagine?
10)Cosa è un archetipo? Se come tema di lavoro annuale sviluppassimo archetipi in chiave simbolico comune?
Presentati con uno schizzo grafico che ti metta simbolicamente a fuoco:
Procurarsi:
Blocco in schizzi in carta da spolvero (formato A4.
Matite morbide dalla B in su, sporcano di più, ma hanno un segno plastico.
Il popolo degli appassionati di Formula 1 e non solo è in trepidazione per l’imminente uscita di “Last and Furious – la vera storia della Andrea Moda Formula”, un docufilm che ripercorre l’epopea dell’Andrea Moda, un team italiano che può vantare la partecipazione a un gran premio, quello di Monaco del 1992 grazie all’impreso del driver brasiliano Roberto Moreno che riuscì a superare le prequalifiche e a terminare undici dei settantotto giri previsti prima che un cedimento meccanico mettesse fine a questa bellissima favola.
Oggi ho il piacere di intervistare per gli Amici di “Cagliari Art Magazine” Massimiliano Sbrolla regista e, insieme con Giordano Viozzi e Cristiano Coini uno dei tre autori di quella che si appresta a divenire una delle docu-serie televisive dedicate alla Formula 1 più realistiche e cool del panorama internazionale.
Roberto Brunelli: Buongiorno Massimiliano, com’è nata l’idea di questo documentario e perché proprio sull’Andrea Moda?
Massimiliano Sbrolla: Era destino che raccontassimo questa storia. Io, Giordano e Cristiano, siamo originari di questo entroterra marchigiano. Le tragicomiche vicende della Andrea Moda le avevamo respirate sin da ragazzini. Poi a distanza di 30 anni, avendo fatto tutti e tre, un percorso professionale nel mondo della produzione televisiva, ci siamo ritrovati seduti ad un bar dicendo “Pensa quanto sarebbe bello rintracciare Andrea Sassetti e scoprire come sono andate veramente le cose”. Quel bar, scoprimmo poi, era esattamente a 7 km da dove abitava Andrea Sassetti. Partimmo in sordina. Poi Il mondo si chiuse il mese dopo causa Covid. È stato il progetto che ci ha tenuti in vita (professionalmente parlando) durante quel periodo assurdo. Ne siamo stati travolti in 3 lunghi anni di scoperte, telefonate, incontri, difficoltà, fallimenti, successi e aneddoti pazzeschi. Pian piano abbiamo capito di avere tra le mani qualcosa di grandioso, che nel suo piccolo racchiudeva tutto ciò che un appassionato di motori desiderava. La cosa più bella di questa esperienza è stato l’affetto delle persone che hanno iniziato a seguirci sui social. A partire da Mattia Valenti, che sin dall’inizio da semplice fan della scuderia di Monte San Pietrangeli, si è offerto di gestire Instagram e Facebook di Last & Furious. Da li in poi ogni giorno la gente ha iniziato a contattarci per darci un contributo: chi ci mandava foto inedite, chi un ritaglio di giornale, chi ci dava una dritta su una persona che stavamo cercando, che ci esortava a non mollare nei momenti di difficoltà.
R.B.: Gli anni Novanta si erano inaugurati come un ritorno al passato, dove piccole squadre artigianali, garagisti come li definiva “il Drake” Enzo Ferrari, potevano di nuovo tentare l’avventura nella massima serie motoristica. Basti pensare alla sfortunata esperienza della LIFE F190 con il suo rivoluzionario motore a W12 del 1990.Veniamo ora alla figura quasi mitologica del patron del Team, l’imprenditore marchigiano del settore delle calzature, Andrea Sassetti, voi che avete avuto il piacere di intervistarlo cosa ci potete dire di più sull’uomo o, meglio, sul suo sogno di correre in Formula Uno?
M.S.: Andrea è stato un pazzo. Nel senso buono del termine. La sua vita a 300 all’ora l’ha portato a raggiungere grandi traguardi ma anche a finire spesso fuoristrada. Non è un santo, non è un bandito. E Sassetti. Punto. Con lui, si è creato un bel rapporto di amicizia anche se all’inizio non ricordava nulla (o faceva finta) dei dettagli della sua avventura. Nomi, eventi e contatti li abbiamo ricostruiti passo dopo passo con un lavoro di ricerca pazzesco. Mi vengono i brividi se ripenso a ciò che abbiamo fatto. Per farti qualche esempio: abbiamo rintracciato in Germania due donne che all’epoca fecero delle foto inedite al team, partendo da un indirizzo di 30 anni fa e 2 nomi di battesimo. Abbiamo ritrovato un importante meccanico della scuderia andando in giro per i Paesi dell’Umbria suonando porta a porta perché sapevamo che aveva avuto un’officina in quelle zone. E così tante altre sorprese che vedrete nel doc.
R.B.: Ma è vero quello che si legge nel web che oggigiorno Sassetti scende in pista a Misano sull’Andrea Moda?
M.S.: No. E accaduto fino agli inizi degli anni 2000. Poi le macchine sono…scomparse…la storia delle vetture è uno dei filoni che vengono raccontati nel documentario, pieno di mistero e colpi di scena
R.B.: Avendo seguito anch’io la storia dell’Andrea Moda ho sempre trovato ingeneroso la marea di commenti che si leggono sul web sul Team che è descritto come uno dei più “scarsi” del circus della Formula Uno. In fin dei conti Sassetti e l’Andrea Moda, grazie alle straordinarie capacità del driver Moreno è riuscito a essere uno dei team che ha visto la macchina scendere in pista per disputare un gran premio. Da dove deriva, secondo voi, questa “superficialità” nell’aver descritto prima del vostro docu film l’epopea del team?
M.S.: Noi siamo partiti dall’idea di raccontare la storia degli ultimi degli ultimi. In rete questo team è considerato la vergogna della formula 1. Tant’è che, quando ci siamo approcciati a F1 per avere accesso ai loro archivi video la risposta ci raggelò “ci spiace, ma non siamo interessati a questo progetto perché rischia di mettere in cattiva luce la reputazione della Formula 1”. A 30 anni di distanza ancora Sassetti faceva tremare il Circus? La cosa ci sorprese, ci fece ridere e ci preoccupò nello stesso tempo. Per fortuna siamo riusciti ad avere uno spiraglio con F1 grazie all’aiuto di un grande giornalista, ex direttore di Rombo Franco Panariti. Ed oggi siamo qui ansiosi di mostrare al mondo questo lavoro e siamo certi che alla fine delle 3 puntate ognuno di voi, con una lacrimuccia che scorre sul viso dirà “che storia assurda”
R.B.: E sì, Roberto “Pupo” Moreno è stato senza dubbio uno dei migliori driver che la Formula Uno ha avuto nell’ultimo trentennio, se si pensa Al miracolo” che ha compiuto a Monaco in quel 1992. Mi piace citare a tal proposito il mio concittadino e amico d’infanziaVincenzo Sospiriun altro grandissimo pilota cui “mancò la fortuna (intesa come la macchina) non il valore”. Come avete rintracciato Moreno e dirci se ha accettato subito di prendere parte al vostro progetto.
M.S.: Roberto è una persona unica, meravigliosa. Siamo riusciti, dopo un anno e mezzo di messaggi e telefonate, a farlo venire in Italia da Miami, per fargli l’intervista. Ricordo che durante il lockdown avevo lasciato il mio numero di telefono a mille persone che potevano conoscerlo per avere un contatto. Avevo scritto decine di mail senza successo. Poi un pomeriggio, tra un bollettino Covid e l’altro, mi squilla il telefono. Numero estero. “Pronto, sono Roberto Pupo Moreno…so che mi stai cercando”. È stato un momento di commozione unico. Da lì ci siamo scritti quotidianamente. E mi diceva “Finalmente qualcuno che ha avuto il coraggio di raccontare questa storia”. Infine pochi giorni fa, quando gli abbiamo fatto vedere in anteprima le 3 puntate, ci ha mandato un vocale commosso… non immaginava un lavoro così professionale e appassionato.
R.B.: Nel 2017 in occasione di un articolo che scrissi per la Mostra che dedicarono al grande Ayrton Senna alla Factory della Lamborghini, ebbi modo di scrivere “Molto fermento vi è oggi tra i collezionisti di tutto il mondo di memorabilia di auto sportive e parti di ricambio di auto da corsa” nella vostra ricerca di materiale per il film avete incontrato collezionisti che vi hanno aperto le loro collezioni per prestarvi del materiale sull’Andrea Moda? Se sì erano gelosi dei loro cimeli o li hanno condivisi volentieri?
M.S.: L’unico possessore al mondo di memorabilia della Andrea Moda credo sia Andrea Sassetti. Il giorno che ci ha aperto il suo vecchio scantinato dove tiene tutt’ora tutto quello che è rimasto del team, ci sembrava di entrare nella cappella Sistina della formula 1. Ma non dovete immaginarvi teche o vetrine. Tutto era, ed è, accatastato come fosse un vecchio negozio di mobili abbandonati. Un’esperienza mistica.
R.B.: Per conoscervi meglio, voi eravate già collezionisti di memorabile sportive oppure magari lo siete diventati nel corso delle riprese e della ricerca di materiale?
M.S.: Noi prima di questa storia non eravamo nemmeno appassionati di motori. A noi ha catturato la storia di vita di questo personaggio e di tutte le persone che gli sono state accanto. Che ha fatto da sfondo al mondo delle corse. Perché, secondo noi, questa è anche una vicenda umana unica, divertente, tragica, truffaldina. Una storia destinata a sorprendere anche chi non ha mai visto un gran premio.
R.B.: Nel ringraziarvi per l’intervista vorrei chiedervi se potete darci qualche anticipazione sull’uscita e su dove potremmo guardare la serie?
M.S.: La mia società di produzione, la zoofactory srl, pur lavorando da anni per grandi broadcaster, è una piccola realtà. Assieme a Giordano Viozzi e Cristiano Coini, ci siamo imbarcati in un progetto che è diventato molto più grande di noi. Sia dal punto di vista del lavoro che da quello economico (il documentario è stato totalmente autofinanziato). Girare l’Italia e il mondo per fare le interviste, acquistare materiale fotografico e video, mettersi al tavolo delle trattative con un colosso come Formula 1 è stato difficile, entusiasmante e impegnativo. Soprattutto se pensate che abbiamo fatto tutto nei ritagli di tempo, tra una produzione e l’altra (grazie alle quali potevamo finanziarci l’opera). Ma siamo sicuri che a giochi fatti tutti apprezzeranno la bontà e l’unicità dei nostri sforzi. La storia della Andrea Moda è un po’ la parabola della vita: si ride, si piange, si soffre, si perde e si rinasce.
R.B.: Chiudiamo lasciando a te l’onore di comunicare ai lettori di Cagliari Art Magazine l’ultima ora che mi hai anticipato prima di iniziare l’intervista.
M.S.: Grazie al sostegno della Regione Marche che ha fortemente creduto nel progetto, avremo la possibilità di presentare la mini serie alla 80^ Mostra del cinema di Venezia.
Stanotte sono tornato a sognare, ero nella mia auto, con Ross di fianco, a Napoli, non funzionavano i freni, e il motore dell’auto pareva assente, la città completamente in discesa, ragion per cui potevo solo in retromarcia evitare collisioni e impattare con qualcosa o qualcuno (ma non si è impattato in nulla).
Sognare di andare in macchina in retromarcia esprimerebbe confusione riguardo importanti decisioni di vita. Grandi opportunità fuori portata nel nome di una situazione spinosa da superare.
Bisogna porre le carte sul tavolo, analizzare ciò che succede e cambiare modi di affrontare le cose.
Serve difendersi dalle critiche costruttive e ignorare le provocazioni.
Evitare di litigare con la famiglia.
Cosa ho sognato l’altra notte in nave?
Che il figlio della Dea fosse stato colpito da schiaffi d’uomini adulti in nave, e che resomi conto dell’accaduto chiedevo interventi per salvarlo, come chiamare l’infermeria.
Stanotte invece, ho sognato d’essere a Cagliari, una specie d’uscita in comune, dove c’era qualcuno, che corteggiava la Dea, barba incolta e camicetta bianca, c’era qualche motocicletta, e una figura del mio passato recente che sento, in termini archertipi, avermi allontanato da me in termini spirituali.
Cosa vuole dire questo?
Il bambino in pericolo è un simbolo che può essere interpretato come parte di me, in un momento nel quale probabilmente mi sento debole e vulnerabile, ma è anche un monito verso un approccio maggiormente maturo alla vita, il bisogno di andare avanti e migliorare certi aspetti della nostra vita.
Sognare un archetipo di relazione fallito, gravato dai ricordi del passato è sete di cambiamenti positivi, segreti o palesi.
Sospettare di un corteggiatore indicherebbe invece la mia forte impulsività.
La moto è simbolo di virilità e libertà , nei sogni può associarsi al piacere sessuale , inoltre potrebbe rappresentare il bisogno di esprimere se stessi prendendo controllo della propria vita e delle responsabilità che la vita ci mette davanti.
Ero nel sogno con il figlio della Dea, che a un certo punto mi dice:
“Mimmo, ti devo dire una cosa, ma non dire che te l’ho detto, prima del tuo arrivo, io e Mamma uscivamo con un amico di Mamma, era innamorato di lei, poi quando sei arrivato tu, è scomparso, non facendosi più vedere, ma Mamma è preoccupata per lui, perché sta male di salute”.
Poi ci ritroviamo in un luogo caldissimo, siamo in comitiva, riconosco un collega dello scorso anno, cerchiamo e ammiriamo qualcosa in uno scenario archeologico pieno di luce.
Un bambino simula di baciarmi, ma senza malizia, in maniera mimetica, quasi esplorativa, perentorio gli dico: che cazzo stai facendo?
Riprendendolo dinanzi a tutti.
Proseguo con un sermone, s’avvicina a me una donna bionda, occhi chiari, vestitino estivo blu, mi dice:
“Mimmo hai fatto bene a inalberarti, ma non devi esagerare, è normale, mia figlia con me ha fatto lo stesso a trentadue anni.
Nel sogno c’era anche la figlia, ma era una bambina”.
Tento di focalizzare gli archetipi nodali:
– La jeep indicherebbe che i desideri sono diversi dalla realtà.
– Il bacio del bambino, focalizzerebbe la possibilità di perdita d’autonomia e un principio di manipolazione, c’è in corso una battaglia d’affrontare con lavoro e dedizione, serve dolcezza e disposizione d’animo.