Retromarcia senza freni!

Retromarcia senza freni!

Stanotte sono tornato a sognare, ero nella mia auto, con Ross di fianco, a Napoli, non funzionavano i freni, e il motore dell’auto pareva assente, la città completamente in discesa, ragion per cui potevo solo in retromarcia evitare collisioni e impattare con qualcosa o qualcuno (ma non si è impattato in nulla).
Sognare di andare in macchina in retromarcia esprimerebbe confusione riguardo importanti decisioni di vita. Grandi opportunità fuori portata nel nome di una situazione spinosa da superare.
Bisogna porre le carte sul tavolo, analizzare ciò che succede e cambiare modi di affrontare le cose.
Serve difendersi dalle critiche costruttive e ignorare le provocazioni.
Evitare di litigare con la famiglia.

 

Il bambino che c’è in me!

Il bambino che c’è in me!

Cosa ho sognato l’altra notte in nave?
Che il figlio della Dea fosse stato colpito da schiaffi d’uomini adulti in nave, e che resomi conto dell’accaduto chiedevo interventi per salvarlo, come chiamare l’infermeria.
Stanotte invece, ho sognato d’essere a Cagliari, una specie d’uscita in comune, dove c’era qualcuno, che corteggiava la Dea, barba incolta e camicetta bianca, c’era qualche motocicletta, e una figura del mio passato recente che sento, in termini archertipi, avermi allontanato da me in termini spirituali.
Cosa vuole dire questo?
Il bambino in pericolo è un simbolo che può essere interpretato come parte di me, in un momento nel quale probabilmente mi sento debole e vulnerabile, ma è anche un monito verso un approccio maggiormente maturo alla vita, il bisogno di andare avanti e migliorare certi aspetti della nostra vita.
Sognare un archetipo di relazione fallito, gravato dai ricordi del passato è sete di cambiamenti positivi, segreti o palesi.
Sospettare di un corteggiatore indicherebbe invece la mia forte impulsività.
La moto è simbolo di virilità e libertà , nei sogni può associarsi al piacere sessuale , inoltre potrebbe rappresentare il bisogno di esprimere se stessi prendendo controllo della propria vita e delle responsabilità che la vita ci mette davanti.

Bruciata la Venere di plastica in piazza!

Bruciata la Venere di plastica in piazza!

Ammonio: “Quando arrivai a Napoli scesi a terra, lì c’era il rosso e capii d’essere finito nelle mani del maligno.”

Il Rosso: “Solo a Napoli tornai in qualche misura a sentirmi a mio agio, e lì incontrai anche quest’uomo di Dio, ridotto come un pezzente”.

Jung, “Il libro rosso”.

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L’artista vero è immortale, questo nel nome che a oggi, la scienza non ha trovato alcun rimedio efficace contro la morte, l’arte parrebbe di si, lo sa bene Prassitele con la sua Afrodite pudica o Venere che si fa il bagno nelle sue innumerevoli riproduzioni, anche da giardino, che sono quelle che Michelangelo Pistoletto utilizzava per la sua Venere degli stracci, facendoci riflettere su come nel 1968, si fosse assuefatti a qualsiasi cosa, nel nome di questo lo stesso artista, nel 2023, complice una visione culturale e politica d’arte imposta al pubblico (public art?), lo stesso artista ha ben pensato, senza un vero progetto inedito calibrato per Piazza Municipio, nel nome del valore del vile denaro, di potersi imporre a una Piazza non completamente ancora assuefatta.
La Napoli dell’arte contemporanea, non è soltanto Jorit che prolifera in ogni dove o Pistoletto che ricicla la sua Venere degli stracci in macro, ma è anche valore critico che non si straccia i capelli per un’opera in plastica arsa in una modalità che pare programmata proprio per imporne il valore:
Scrivo questo perché la forza dell’arte è velenosa, la forma produce un’immagine che sopravvive anche senza l’artista, e diciamola tutta, senza il rogo, quanto sarebbe stato complicato per questa riproduzione trash e decontestualizzata di un lavoro post datato, vendersi come qualcosa di storico?
Non c’è stata azione creativa come nell’originale del 1968, non c’è stata forza e neanche sostanza, al punto da fare apparire l’incendio come qualcosa determinato da forze occulte e maghi e prestigiatori da operetta.
La parola sui media di massa diventa gestione di mercato, Michelangelo Pistoletto dichiara d’avere vissuto il rogo come un femminicidio, attestando che l’artista non sa più ribellarsi alla caricatura del sé funzionale al circo della quotazione del suo mercato, rappresentando un ruolo sociale accecato e individuale che sa esistere in superficie soltanto nel presente, come se il linguaggio dell’arte valesse uno scatto su Instagram, trattando brutalmente il proprio passato senza prendersi cura dei morti.

La storia dell’arte diventa perdere la dignità purché ci sia visibilità e si venga pagati, nessun guardarsi indietro e dentro.
Hanno bruciato la Venere in plastica sommersa da finti stracci tirati su una struttura telaio?
Una causa effetto di un’operazione politica imposta alla piazza, che non fa altro che incrementarne la popolarità e la quotazione ricapitalizzando un intervento costato al Comune di Napoli 168360 mila euro, lo spettacolo del rogo vale il prezzo del biglietto, da quelle ceneri come una fenice, potrebbe nascere una idea d’Alta Formazione Artistica, che sappia porre in essere il valore critico, iconico, iconoclastico e icastico dell’arte, magari un giorno una Venere degli stracci sarà arsa a Cagliari per celebrare la nascita di una pubblica Alta Formazione Artistica, che in quel sud d’isola, ancora non è mai nata.

Luce calda!

Luce calda!

Ero nel sogno con il figlio della Dea, che a un certo punto mi dice:
“Mimmo, ti devo dire una cosa, ma non dire che te l’ho detto, prima del tuo arrivo, io e Mamma uscivamo con un amico di Mamma, era innamorato di lei, poi quando sei arrivato tu, è scomparso, non facendosi più vedere, ma Mamma è preoccupata per lui, perché sta male di salute”.
Poi ci ritroviamo in un luogo caldissimo, siamo in comitiva, riconosco un collega dello scorso anno, cerchiamo e ammiriamo qualcosa in uno scenario archeologico pieno di luce.
Un bambino simula di baciarmi, ma senza malizia, in maniera mimetica, quasi esplorativa, perentorio gli dico: che cazzo stai facendo?
Riprendendolo dinanzi a tutti.
Proseguo con un sermone, s’avvicina a me una donna bionda, occhi chiari, vestitino estivo blu, mi dice:
“Mimmo hai fatto bene a inalberarti, ma non devi esagerare, è normale, mia figlia con me ha fatto lo stesso a trentadue anni.
Nel sogno c’era anche la figlia, ma era una bambina”.
Tento di focalizzare gli archetipi nodali:
– La jeep indicherebbe che i desideri sono diversi dalla realtà.
– Il bacio del bambino, focalizzerebbe la possibilità di perdita d’autonomia e un principio di manipolazione, c’è in corso una battaglia d’affrontare con lavoro e dedizione, serve dolcezza e disposizione d’animo.

Le tavole anatomiche di Umberto Boccioni!

Le tavole anatomiche di Umberto Boccioni!

Ho sognato d’essere con Ross, mi mostrava un libro di sua proprietà rarissimo, un libro di tavole anatomiche d’Umberto Boccioni.
Mostrandomelo, mentre lo sfogliavo, mi palesava la sua tristezza per la sua morte, anche se io pensavo: “ma Umberto Boccioni è morto nel 1916, cosa.mi sta dicendo?”.

Come sempre indago gli archetipi:

I sogni in cui l’anatomia umana è generalmente presentata come protagonista, simboleggiano un cambiamento fondamentale che sta avvenendo, questi sogni possono essere avvertimenti su problemi di salute o indicare uno stato di stanchezza: potrebbe essere necessario tirare fuori qualcosa dal sistema, cambiare le nostre abitudini, trasferirci in un altro posto, o lasciare andare qualcuno.

Tutto chiaro, ciò che non capisco è l’annuncio della morte d’Umberto Boccioni: secondo le interpretazioni degli antichi, la morte nei sogni prometteva della nozze felici e durature, annunciava l’arrivo di un tempo propizio per tutte le cose, oppure faceva sperare una lunga vita, fortuna e ricchezza.

Scala e formiche!

Scale e formiche!

Ho sognato molto stanotte, ma non ricordo molto, come si fosse dissolto tutto.
Ricordo d’essere stato in uno spazio storico, che era il Liceo Musicale e nel contempo Conservatorio di Cagliari, e che il collaboratore scolastico del Fois Angelo Baire, mi dicesse qualcosa, per andare in classe, mi serviva come in un altro sogno una scala (di quelle rimovibili da cantiere).
Ricordo d’avere sognato anche un bagno, dove nella tazza c’erano tantissime formiche nell’acqua.
Non ricordo altro ora…

Tento di comprendere gli archetipi:
La scala a pioli, potrebbe significare una prova, più o meno difficile, d’affrontare per raggiungere obiettivi.
Dal punto di vista psicologico si può dire che sognare una scala sia sinonimo di ascesa personale, di ritrovata consapevolezza nelle proprie capacità e nelle proprie competenze, possibile che ultimamente si sia sperimentato qualche blocco di troppo, o ci si sta liberando dai vincoli, e si sarebbe pronti per spiccare il volo.

Sognare delle formiche in bagno: simbolo di qualcosa che ci infastidisce o che ci disturba, allegoria di qualcosa che rappresenta un impiccio.
Possono anche rappresentare qualcosa che ci fa paura e che non ci fa stare bene; in entrambi i casi rappresentano qualcosa di cui ci dobbiamo sbarazzare per poter stare meglio.

Tirocinio d’ordine!

Tirocinio d’ordine!

Quando sogno e registro il sogno, ho ben chiaro che ci sia qualcosa che si muove intorno, qualche segnale di strada e percorso che non posso non considerare e che, poi, oscilla tra mondi e dimensioni.
Quello che ho sognato stamane, l’ho registrato soltanto perché la sveglia alle sei e trenta, ha interrotto la sequenza e mi ha consentito di focalizzarla.
Ero in uno spazio che sapevo essere un laboratorio didattico, dove si simulavano esperienze, era una stanza da letto con due letti e due guardaroba, io ero nel sogno un docente (come nella vita reale), e i due studenti, due ragazzi stavano simulando come mettere in ordine la stanza prima d’andare a dormire, e tra di loro discutevano, proprio come avviene in laboratorio:
“Io ho un guardaroba di cose tutte uguali tra di loro!”.
Diceva uno dei due ragazzi, quello che aveva un guardaroba di t-shirt gialle.
“Io ho un guardaroba vario!”.
Replicava l’altro studente, che in realtà aveva tutte t-shirt piegate verde militare.
A quel punto intervengo io, che come docente seguivo la situazione, e dico:
“Anche io ho un guardaroba con tutte cose uguali!”.
Simpatizzando con lo studente che aveva tutte magliette con tono giallo piegate nell’armadio, che in buona sostanza sarebbe potuto essere un mio riflesso, a questo punto mi suona la sveglia.
Registro e m’appunto il sogno, come mi sono prefisso di fare per studio, ogni volta che sarò a Cagliari e mi capiterà di sognare, e indago il significato simbolico, algoritmico computazionale di ciò che ho visualizzato: un armadio ben ordinato sarebbe presagio di tranquillità e benessere, il piegare le t-shirt indicherebbe che ho un mio pubblico e chi apprezza il mio lavoro, ma devo essere in forma, l’idea è buona, ma non è detto sia giusta, dovrei focalizzare la salute invece che le sciocchezze.
Serve concentrazione nel quotidiano, valorizzarmi senza correre, nessuno deve mettermi pressione.
La simulazione indicherebbe che sono dinanzi a progetti importanti.
Il verde (“io ho un guardaroba vario”), è legato agli aspetti di crescita, rigenerazione e rinascita fisica, di guarigione, forza e speranza.
Il giallo (“io ho un guardaroba standard”), è luce di coscienza, espansione del sapere, “illuminazioni” che portano oltre la realtà, intuizioni improvvise e insight.
Un sogno con tirocinanti, in posizione di leadership, significa che serve provare di più per adattarsi aii compagni di squadra, più giovani o più recenti.

 

Il sogno simbolico sarà storia collettiva?

Il sogno simbolico sarà storia collettiva?

Il linguaggio simbolico dell’arte, è costante dell’eterna condizione umana, entropia costante che tende ad aumentare in termini di scambio, circolazione e connessione tra umani: si trasforma e divulga nello spazio tempo un’unica matrice, un’unica comunicazione tra umani, un’immensa biblioteca, piena di libri scritti con simboli che tornano, ma di questo si sta perdendo la coscienza e la consapevolezza.

Il simbolo pare calato dall’alto sull’umana condivisione, questo ci danneggia, allontana dal mistero costituito da un intreccio di sogni che, fa svegliare l’artista.

La sofferenza pare lo strumento per uscire dalla meccanicità della vita, dal sonnambulismo privo di consapevolezza determinato dal simbolo imposto, la tragedia e la sofferenza nell’arte paiono avere un ruolo diverso: sofferenza e fallimento la mia esperienza Cagliaritana, ma necessaria per chiarirmi cosa sia e possa determinare l’arte intrecciata alla vita, cosa siano i simboli e la loro riproduzione meccanica priva di senso.

L’arte ha un suo centro della memoria, che l’artista localizza (come fosse uno smartphone) dove si connette, i neuroni sono la sua memoria, ma non sono intelligenti, fisici o immortali, muoio come il nostro corpo, ma si muovono dentro e fuori di loro, sono coscienziosi, alimentano l’universo dell’artista che fissa momenti lavorando una vita.

Amori e conflitti vanno oltre il contemporaneo, hanno un aldilà, nel nome del quale la morte biologica dell’artista, lo rende comunque sempre presente, muoiono le stesse cellule del nostro corpo in vita, eppure resta il linguaggio simbolico, nella sua istantaneità simbolica fuori dalla nostra obsolescenza programmata: il nostro linguaggio simbolico dell’arte, senza fine, ci fa cosmicamente danzare con angeli, demoni e divinità fuori dal tempo.

Questi miei ultimi giorni Cagliaritani, impegnati dagli orali della maturità (prima d’emigrare in un’area metropolitana con pubblica Alta Formazione Artistica), sono pieni d’eventi simbolici, che mi dicono che devo andare:

  • Incontro un mio ex studente che sul bagnasciuga vendeva granita, avvicinatomi, mi riconosce, si toglie gli occhiali e  mi dice: Ma lei è Di Caterino? No, non è Di Caterino, non ha i suoi tatuaggi. Deprivandomi della mia identità.
  • Incidento in una rotonda con una Panda a Noleggio, con coppia di turisti toscani in dolce attesa, so d’avere ragione, perché stretto in una rotonda, chiamo la municipale e mi da torto, togliendomi anche due punti sulla patente e multandomi, nel nome del: a Cagliari guidiamo in una certa maniera, ma i turisti, che guidano qui come a casa loro, rispettano il codice della strada, facendomi rispondere, “chiaro, i residenti hanno sempre torto”.
  • M’avvicina a mare una ragazza speciale, facente capo a un’associazione, che mi chiede se sono un turista straniero o italiano, non dandomi il tempo di rispondere, con aria frivola mi parla dei suoi problemi col compagno, che m’indica, speciale anche lui, che mi dice essere monello, i ragazzi dell’associazione vengono a prenderla e si scusano con me.

Perché scrivo questo, che pare essere senza senso?

Perché i simboli sono nella vita, gli archetipi non sono solo nei sogni, interagiscono con noi nel quotidiano e paiono direzionati, è qui la magia simbolica dell’arte.

Di questo ragionano i miei studenti in questi esami di maturità: il valore del simbolo: cinque maturandi oggi  in Arti Figurative (uno studierà Scultura all’Accademia di Catania, uno al Dams, una a Brera, un altro vorrebbe essere un produttore d’arte e cultura Indy e uno vorrebbe studiare per fare il maniscalco in una scuola militare per poi finanziarsi gli studi artisti da emigrante a Milano).

A proposito di sogni che si muovono tra diverse dimensioni, ieri Franco Nonnis, mi ha inviato una fotografia di lui con Ada Lai Assessore Regionale al lavoro, che “potrebbe” essere storica, sono fuori l’ex sede del Foiso Fois di Via San Giuseppe al quartiere Castello di Cagliari.

 Che il sogno dell’Alta Formazione Artistica pubblica a Cagliari, stia arrivando nella dimensione terrena e materiale di una Cagliari che non l’ha mai conosciuta?

Forse avere sognato qui, d’artista e docente residente, qualcosa l’ha determinata, ragionando per simboli e archetipi all’origine di tutti i linguaggi (non solo quello dell’arte).

In servizio nel cantiere!

In servizio nel cantiere!

Ho sognato che stavo prendendo servizio in un nuovo Liceo, che era in uno spazio storico che si stava ristrutturando, c’era quindi un via vai di colleghi, collaboratori e operai, io sapevo d’avere la classe prima D, ma per raggiungerla dovevo salire su delle scale a muro rimovibili, non parevano esserci le scale per salire ai piani superiori, nel tentare di salire, faccio cadere inavvertitamente una Coca Cola poggiata su un piede della scala da un operaio.

Ricordo un collega in particolare nel sogno, alto, stempiato, con pochi capelli sul rosso e occhiali quadrati dalla montatura fine, con uno spolverino.

Questo sogno, stavolta l’ho ricordato, ma l’ho fatto identico, o con pochissime varianti, qualche settimana fa, rimuovendolo interamente. 

Indago gli archetipi simbolici:

Sognare di essere in un cantiere dimostra che le competenze sono tante e ora è il momento di valorizzarle. 

Le cose sono a volte più semplici di quanto pensiamo. Ci sono semplicemente questioni che il destino decide. 

Sognare di essere in un cantiere indica che la cerchia sociale si allargherà molto se vi impegnate, soprattutto al lavoro. 

L’organizzazione sarà la chiave del successo.

Lavorare sodo ogni giorno e non gettare la spugna, qualunque cosa accada, attenzione a non spendere troppo, bisogna controllare le proprie spese. 

Attenzione agli sbalzi d’umore.

Salire una scala, denuncia il desiderio o il bisogno di raggiungere una meta o di elevarsi dalla propria condizione attuale. 

Il movimento della salita nella scala nei sogni viene associato anche al processo di individuazione.

Sognare coca cola: questa bevanda nei sogni rappresenta questo ambiente, essendo una delle bevande analcoliche più consumate dalle persone. Pertanto, è legato alla vita di molte persone e all’occupazione. Inoltre, è una delle poche bevande analcoliche che sembra causare qualche genere di dipendenza nelle persone, che hanno bisogno di berla costantemente, può essere correlata a un atteggiamento squilibrato. 

In altre parole, mi concentro sulla professione in modo esagerato e non presto la necessaria attenzione ad altre aree della vita.

Cornetto al cioccolato!

CagliariArtMagazine riparte da qui, da un blog connettivo, dopo numerosi attacchi Hacker, riparte da zero, a tal proposito cominciamo subito:

Cosa ho sognato ieri notte?

D’essere in giro a Cagliari con una mia seconda di quest’anno, con una studentessa che a un certo punto, m’offriva un cornetto al cioccolato, che accettavo e mangiavo.

Col tempo annotandomi i sogni, sto anche codificando gli archetipi, la studentessa in questione, è persona di grande fiducia e affidabilità, nel mondo onirico come in quello reale.

Non mangio cornetti al cioccolato, ma chiaramente il linguaggio dei sogni e fondato su archetipi collettivi da leggere in chiave simbolica:

Cosa vorrebbe dire il cornetto al cioccolato?

Affrontare problemi che richiederanno molto, assorbiranno l’attenzione e necessiteranno di parecchio controllo emotivo.

Altra interpretazione è l’esperienza di alcuni scontri nelle relazioni amorose o tra amici.

Devo rimanere calmo durante questo periodo per evitare grandi lotte e rotture.

Sognare di mangiare cornetto al cioccolato indica un ruolo fondamentale in un importante progetto imminente, necessita restare lucido anche nella foga del momento.

Serve analizzare attentamente ogni strana situazione che può presentarsi durante il giorno.

Non dimenticare di passare un tempo con la tua famiglia.

Non lasciarsi mettere sotto pressione da niente e nessuno.

P.S. CagliariArtMagazine come esisteva prima non esiste più, ora è un blog personale, che si prefigge d’indagare i significati simbolici, alchemici, esoterici e onirici dell’arte contemporanea.

mimmodicaterino@cagliariartmagazine.it