Mimmo Di Caterino IL NOMADE DELL’ ARTE.

Mimmo Di Caterino
IL NOMADE DELL’ ARTE.

https://mimmodicaterino.medium.com/il-miracolo-della-fede-nellarte-8456d0dcf5d5

Il nomadismo nell’arte è utile esercizio stimolante per la mente, è continua conoscenza del valore dell’ uomo, della sua presenza in tempi passati e nuovi.
La conoscenza diventa materia primaria per orientarsi in sentieri espressivi dell’ immaginazione fin dalla nascita.

La conoscenza è  bisogno per creare una barriera alla mania ossessiva verso il progresso tecnologico.
Il nomadismo nell’ arte è  viaggio tonificante avventuroso: la cosa migliore è camminare.
Elon Musk il capitalista nazibioteck si schianterà come Icaro, perché sta scavalcando i procedimenti razionali dell’ apprendere i mestieri del passato delle attività umane.
Le immagini del passato sono una consolazione per la mente e per lo spirito,
L’opera sacra ha la sua utile funzione , è dodata di sentimenti delicatissimi, crea un sistema morale.

L’arte sacra è un angelo custode che puntella le macerie della vita, per curare la solitudine.

L’icona della cappella dell’ Immacolata è una rappresentazione cognitiva che memorizza un fenomeno avvenuto e rivela all’artista che l’ha  realizzata più di quanto egli vorrebbe mai rivelare

Nel mercato dell’arte l’oggetto sacro tramuta il collezionista d’affari in ingenuo credente incapace di distinguere il bene dal male.

Polvere

Arte urbana tra Napoli e Firenze!

“Il nostro sistema scolastico si basa sull’accumulo di nozioni, ma in realtà maggiore è la quantità di dati che raccogliamo, maggiore è la confusione che ci avvolge, e inoltre perdiamo di vista la saggezza innata in ciascuno di noi.

Impariamo quindi a chiedere la verità, a bussare alla porta del nostro essere: questo è ciò che viene conosciuto come intuito, creatività, visione o profezia.

Per questo motivo il saggio si focalizza su colui che vede anziché sulla scena osservata. Il veggente è il sé non locale.”

Deepak Chopra, “Le coincidenze”,Sperling e Kupfer, 2008

 

Firenze ha una sua forza e specificità nella promozione della street art, che a nel tessuto urbano a cielo aperto dialoga con la culla del Rinascimento origine del ruolo sociale, intellettuale e culturale dell’artista e delle arti maggiori.

Sono numerosissime le gallerie e gli studi d’artista che promuovono il linguaggio di genere, legittimando la strada come galleria e da galleria ne incarnano la rappresentazione in una modalità d’intermediazione alta e di mercato il genere.

La più interessante che ho visitato è la Street Levels Gallery, di Gianluca Milli, in Via Palazzolo 74 AR e in Via Melegnano 4R, che tratta artisti molto presenti nel tessuto e nella topografia urbana della città come Ache 77, Exit Enter, Kraita 317, James Vega, Miles, Nian e Taleggio (solo per fare qualche nome, il pacchetto artisti è molto ampio e lo trovate al link https://www.streetlevelsgallery.com/).

 

Vivacità culturale nell’ambito dell’arte urbana che Napoli in questo momento non ha (almeno in relazione al settore di genere, eppure storicamente Napoli è stata leader e traino di settore) tradotta in mercato e collezionismo educato a seguire e inseguire l’artista a cielo aperto in ambito urbano, nell’area Napoletana cosa avviene?

Gallerie che promuovano l’arte urbana a cielo aperto totalmente assenti in area metropolitana non pervenute, l’unica di settore è la Street Art Gallery di Salvatore Iacono ma è a Forio d’Ischia, si colloca però sulla sponda opposta dell’intermediazione, quella della processualità diretta.

Da Salvatore Iacono l’artista entra in un domicilio urbanizzato, si relaziona direttamente allo spazio come fosse in strada e quando interviene in altre modalità  lo fa in maniera sacrale, operando in un tempio spirituale del linguaggio che si eleva su tutto in maniera cruda e pura, la galleria è in Via Costantino 28 a Forio d’Ischia.

 

 

A Napoli di grande interesse sul tema c’è soltanto la programmazione del Foyer del Teatro Bellini, ricognizione di quanto avviene in area Napoletana e tentativo di sistematizzarlo, in Via Conte di Ruvo 14, che propone dal 25 Gennaio al 9 Febbraio “Luma, Monster Pop” di Luigi Massa, i Luma sono mostri che incarnano le sue paure e ansie, escono dal Vesuvio e vivono tra noi e si propongono come fautori dell’amore, sento la loro voce (“amò tutt’a posto?”, “Frate carnale me daje rojé euro?”), Luigi le empatizza, tramutando il mostro in qualcosa di benevolo, in fondo a Napoli lo facciamo tutti, le paure e i mostri sono energie che vivono e convivono con noi, bene armonizzarle, Luigi Massa è classe 1985 ed un Graphic designer.

La questione che pongo è:

Perché a Napoli non c’è un privato, un gallerista come Gianluca Milli a Firenze o come Salvatore Iacono a Forio (collocato in modalità diametralmente opposta ma dialettica) che a suo modo investa su quello che strada e urbanizzazione determinano nel panorama dell’arte e della cultura?

Possibile che a Napoli tutto si sia fermato a una lettura e una interpretazione della street art in chiave moralista di propaganda al servizio dell’ideologia politica o del turismo da cartolina di massa?

Chiaro che questo non sarebbe mercato dell’arte, ma neanche didattica e dialettica, ma assistenzialismo fine a se stesso e all’ordinare e omologare lo sguardo di chi tenta di scindere tra ciò che è arte e ciò che non lo è!

L’arte è donna!

“Di solito vediamo solo rapporti di causa effetto (questo ha provocato quest’altro, che a sua volte è all’origine di questo e questo).

Ma sotto la superficie sta succedendo qualcosa altro, seppure invisibile ai nostri occhi, c’è una complessa rete di connessioni.”

Deepak Chopra, “Le coincidenze”,Sperling e Kupfer, 2008

 

Di tanto in tanto mi muovo verso Firenze, questione di ricerche artistiche che seguo e quando posso propongo, chiaramente noto le differenze d’impostazione di presentazione e divulgazione delle processualità dell’arte contemporanea ed anche come le si ponga in dialogo con il passato.

Il caso mi ha portato nelle mie sciolte rotte di movimento, alla “Contemporary Art Gallery for Women”, Borgo S.Frediano 131r, modello di galleria d’arte contemporanea al femminile che programmaticamente recita sul suo profilo social:

“Sosteniamo la Cultura e le Città Vive!
Le città rischiano di perdere la loro anima, trasformandosi in una semplice vetrina di ristoranti e bar, con poco spazio per le persone e la cultura.
A Female Arts in Florence crediamo che l’arte e la creatività siano il cuore pulsante della comunità, essenziali per mantenere vive le nostre città e il loro patrimonio sociale.”
Mostra in programma “Kimono d’artista”, dal 30 Novembre al 28 Febbraio, una connessione tra processualità creativa e artigianato, i Kimoni esposti sono frutto di una relazione e cooperazione tra artiste e artigiane facenti capo alla galleria intermediate dall’esperienza professionale di Giovanna Cocci (upcycling designer), opere d’arte indomabili che costituiscono un vero manifesto programmatico della galleria.
Arte moda e sensibilità al femminile, le artiste che hanno lavorato sul Kimono d’Artista sono Elena Santoni, Giulia Lepori, Laura Martelli, Serena Buzzi, Ute Panella e Vittoria Colonna.
Artiste presenti anche in galleria con la loro ricerca, a segnare come il linguaggio dell’arte porti a connessioni e direzioni che da processo di ricerca sanno tradursi in progetto colletti e connettivo.
Il concept della galleria è estremamente intrigante e deduttivo, uno spazio che processa, visualizza e determina la creatività al femminile, restituendo l’arte alla sua origine creativa ed educativa, non c’è uomo artista che non possa fare a meno della sua parte creativa femminile e che non sia stato educato in termini di sensibilità creativa da una donna all’arte:
non riesco a pensare a un’educazione all’arte che non passi per una sensibilità e coscienziosità femminile, dato di fatto che il maschile nell’arte non riesce a smuoversi da tecniche e consuetudini, ma è altresì vero che un arte completamente al femminile e priva d’interazione dialettica possa rischiare d’impantanarsi in quell’odioso tecnicismo maschile che rende l’arte professione e tecnica, riuscirà questo spazio espositivo ad eludere il limite del “ben fatto” nel nome del confinamento di genere?
Al momento si prende atto di un coraggio di definizione processuale e progettuale che restituisce alla donna ciò che è sempre stato suo, e che in suo nome ha costruito e determinato artisti immensi (cosa sarebbe stato Pablo Picasso senza il suo amore per la donna o Diego Rivera senza Frida Khalo?).
Personalmente, quando mi si rappresentano arte al maschile o al femminile, mi vengono in mente Leonardo con la Gioconda, Marcel Duchamp con Rose Selavy o Antonio Ligabue vestito da sposa, trovo lodevole e di grande qualità il progetto della Art Gallery For Women, ma la questione che pongo è: quanta arte in corpi ed identità maschili, sa essere per la donna?

Capodimonte, realtà Reale!

“E’ il poeta che cerca e interroga ogni lato oscuro della natura; è lui che parla alle stelle tremolanti di raggi nelle notti estive; è lui che ascolta il ritmo del mare, quasi fosse il metro per cui il suo verso scandisce; è il poeta che conosce la virtù dei semplici, è lui che scoverte certe leggi naturali, ignote a tutti; è il poeta civile che uccide le bestie, fa rasciugare le paludi e fa sorgere a quel posto palagi e giardini; è il poeta che insegna ai giovani giuochi dove il corpo si fortifica e l’anima si serena; è lui, sublime fantastico, che stabilisce l’augurio della buona o della mala ventura; è lui che come calamita fortissima attrae a sé l’amore, l’ossequio, il rispetto; è Virgilio poeta.

E nulla si sa della sua morte.

Come Parthenope, la donna, egli scompare.

Il poeta non muore.”

Matilde Serao, “Leggende Napoletane”, Colonnese, 2024

Il Museo di Capodimonte è eccellenza planetaria, poco da discutere, opere della sua collezione viaggiano e tornano a casa per chi ha la sfortuna di non vivere a Napoli, altre arrivano a dialogare con la collezione a tempo determinato, questo è il caso de “Les demoseilles de bourds de la Seine” di Gustave Courbet,a Capodimonte dal dal Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, dal 7 Novembre è esposta per essere fruibile fino al 23 Febbraio del 2025.

Il dipinto venne esposto la prima volta nel Salon Parigno del 1857 determinando scandalo, contribuendo a determinare quel filone Accademico di marketing, che nel nome della provocazione alimenta e implementa il valore di un mercato dell’opera.

Motivo dello scandalo era porre l’attenzione sulla quotidianità, cosa che oggi fanno tutti via social network e media integrati, pensateci quando vi scandalizzate o demonizzate certi post, stati o fotografie di amici o amiche cha fanno ciò che vorreste fare o vivere voi, pongono in essere quel processo di comunicazione e provocazione insito nell’ordinario quotidiano, che l’antiaccademico Courbet determinava a metà Ottocento e che ora è entrato con forza a volgarizzare e imbruttire le nostre vite, lavorando per definire il Sé attraverso la squalifica di ciò che non si integra finendolo per legittimarlo e istituzionalizzarlo.

L’opera creò scandalo perché in una giornata estiva, le due ragazze giacevano in riva al fiume, atmosfera calda e pelle sudata alimentavano pulsioni erotiche, arrivando a identificare le due giovani come prostitute nel nome del loro essere indolentemente adagiate sull’erba con pigrizia.

 

In esposizione temporanea al Museo di Capodimonte anche il lavoro di Gaia Fugazza, artista milanese, classe 1985 che vive e lavora a Londra, “Sete” titola il suo intervento espositivo che conclude una sua residenza d’artista presso l’istituto ad indirizzo raro “Giovanni Caselli”: la ricerca si muove tra mito e inconscio mitopoietico, focalizzando un tempo della storia dove le creature del cielo e quelle degli abissi erano unite nel nome dell’evoluzione, muovendosi intorno al fulcro del corpo femminile precipitato in relazione osmotica con la natura, l’intervento inaugurato il 31 GENNAIO  sarà fruibile fino al 18 MARZO 2025.

Per bilanciare la relazione tra ospitante ed ospitati, invito a soffermarvi su due lavori: uno è l’autoritratto di Sofonisba Anguissola (Cremona 1531-Palermo 1626), “Autoritratto alla spinetta” 1555, l’altro è di Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665), “Timoclea precipita nel pozzo il capitano Alessandro Magno” del 1659, così ci ricordiamo che l’arte è sempre stata donna, il termine Artista ha una declinazione femminile perché senza sensibilità e creatività al femminile, senza elevazione coscienziale che passa per la connessione sincretica tra parte destra e sinistra del cervello, l’arte rischia d’essere relegata a processo “tecnico”, nel nome del quale si è servi mai funzionali a un elevazione del Sé di cui possano fruire spiritualmente gli altri.

 

Dalla civiltà Nuragica alla Banana di Cattelan.

Dalla civiltà Nuragica
alla Banana di Cattelan.

Nell’ isola che non c’è dalla civiltà Nuragica alla Banana, il passo è breve. È mancata la crescita culturale per l’incapacità delle istituzioni di osservare e riflettere sul mondo dell’arte nella sua essenza quotidiana a causa del crollo della conoscenza, forse si considera che la natura dell’arte si è fatta incerta, o quanto meno ambigua, forse si può ricorrere alla Banana in mostra in ogni luogo istituzionale e di culto per creare un dibattito visivo su ” che cos’è l’arte nel contesto sociale”.

Comandanate Polvere

Sgarbi è “Accademia Nuragica!”

Sgarbi è “Accademia Nuragica!”

A Capoterra lo scorso 22 Dicembre, lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi è stato ricevuto in pompa magna dall’amministrazione comunale di maggioranza, a suo tempo eletta in un ballottaggio con il 55% d’astensionismo e lo 0,1% di maggioranza sul 45% votante.
L’ evento natalizio era la presentazione del libro dello storico dell’arte Vittorio Sgarbi: uomo brand le cui cariche politiche nei decenni si sprecano e s’incrociano con il suo profilo di storico dell’arte, curatore, critico e autorevole (a tratti autoritario) opinionista mass mediatico.
A Capoterra, nella cornice della Parrocchia di Sant’Efisio ha presentato il suo libro “La Natività”.
Mai nutrito riserve riguardo la preparazione Storica del critico, storico, curatore e politico Vittorio Sgarbi: nel 2010, venni incaricato da un’associazione culturale di Sant’Antioco, tramite il cantautore Ignazio Pepicelli, di sostituirlo, lo fecero cittadino onorario con la speranza di porre all’attenzione nazionale gli artisti locali (come l’allora vivente Scultore Gianni Salidu), ma a fronte della cittadinanza onoraria, scoprirono che non si sarebbe pronunciato di volta in volta sugli artisti locali se non adeguatamente remunerato: uno Storico dell’arte che sa dare valore alle sue competenze,  nel nome di questo, l’opposizione attraverso la voce dell’ex Sindaco Francesco Dessì sostiene: “che quelle seimila euro potevano essere spese meglio!”.
Avendo pubblicato in passato qualche libro con piccole case editrici nazionali, so bene che contrattualmente la promozione del libro è da contratto,  la promozione privata di un libro non è un poco in conflitto d’interessi con la sua remunerazione?
Il tariffario dello Storico dell’arte è cosa ben nota, i suoi spazi di promozione mass mediatici  immensi e sconfinati, promozione di un libro autorevole di un lavoro molto ben distribuito a livello nazionale.
In termini di stile politico non mi pare il massimo riceverlo in costume tradizionale, con seimila euro  si sarebbe potuto ricordare Primo Pantoli, che a Capoterra parrebbe non essere mai passato…
Mi viene in mente il mio tariffario per il tanto vituperato progetto “Accademia Nuragica”, seimila euro complessive non le ho intascate per il progetto della prima edizione di “Martirio Plastico” (quattrocento euro), per la prima edizione di “Accademia Nuragica” (1200 euro per progetto e realizzazione collettiva con gli artisti residenti) e per la seconda edizione (dove ho progettato l’impianto d’insieme delle sculture, anche in questo caso 1200 euro progetti e realizzazione), facendomi i conti in tasca guadagnai (in perdita visti i costi di lavorazione, una settimana dopo l’altro dovevo ricomprarmi l’attrezzatura), 3000 euro in tre anni (la metà di quanto intascato da Sgarbi per promuovere il suo libro).
Scrivo e ricordo questo non per criticare l’attuale maggioranza e neanche per sostenere la minoranza, la povertà di contenuti artistici di maggioranza e opposizione si qualifica da sola in un territorio dove l’arte o è passatempo mass mediatico o socialismo popolare folk, non pervenuta la terza via, quella della dimensione processuale e progettuale di una comunità che utilizzi l’arte contemporanea come strumento di studio e indagine d’elevazione coscienziale collettiva, dando valore simbolico e poi economico a quello che si processa come bene comune, con quel territorio ho reciso il legame (privato e pubblico), ma questo non vieta a distanza di coltivare la memoria (almeno la mia).

LUCE!

LUCE!

Il giubileo del 2025 è nato brandizzato:

L’autore del brand del giubileo è il Designer Simone Legno (vive e lavora tra Giappone, Roma e States) del marchio Tokidoki, noto per avere brandizzato vibratori ed avere posizioni culturali vicino al gay Pride di cui pare scomparsa traccia via social.

La brandizzazione ruota intorno a una bambina, lei come tutta la narrazione stile Manga “Made in Japan” (posso scrivere che la cultura dei fumetti manga è abiura se comparata alle arti visive maggiori?).

Il giornalista e scrittore Andrea Cionci sostiene che la bambina pellegrina “Luce”, sia ispirata a Greta Thunberg, nel nome di uno gnosticismo non cristiano.

La bambina pellegrina portatrice di luce con bastone, lux (luce) e ferre (portare), in ambito pagano la si potrebbe ricondurre a Venere visibile all’aurora, Ishtar per i Babilonesi; Astarte per i Fenici; Inanna per i Sumeri.

Nell’ambito dell’occultismo e dell’esoterismo, Lucifero sarebbe il detentore di una sapienza inaccessibile all’uomo comune.

Alcuni cromatismi paiono invece chiari, il cappuccio giallo e blu, non ci fa pensare alla bandiera dell’Ucraina?

Ha un rosario con croce d’ordinanza e tredici palline, il numero tredici nella Cabala ebraica indica spiriti maligni, associato anche con il montone che Abramo sacrificò a Dio invece del figlio Isacco, per estensione un numero di morte, per qualcuno il tredici starebbe anche per la tredicesima tribù d’Israele che farebbe capo ancora una volta all’Ucraina (ma questo mi pare pretestuoso).

Il bastone a forma di Y rimanda al bastone di Virgilio, al Serpente come strumento necessario per elevarsi coscienzialmente.

L’alchimia e l’esoterismo, non dimentichiamolo, sono all’origine del Cristianesimo, la loro condanna venne emessa dal papa Giovanni XXII con la bolla “Spondent pariter” del 1317 (per inciso lo stesso Papa era un alchimista e la bandì perché temeva potesse essere usata contro di lui).

La nostra “Luce” si muove con scarpe sporche di fango, metafora di quanto sia arduo un percorso di ricerca di senso in una società così complessa ma direzionata per target di riferimento.

Luce si muove con dei compagni di percorso:

– Un uccellino bianco di nome “aura”, con tre foglie di ulivo che porta con le zampette, una colomba che porta padre, figlio e spirito santo.

– Un angioletto chiamato “Iubi”, con ali e cappello alato come Hermes, sul cappellino ha una croce e un’ancora, vola ma sa d’essere in mare aperto ancorato al pianeta.

– Un cane bianco, “santino”, simbolo di fedeltà, lealtà e ubbidienza.

“Luce” ha negli occhi l’iride che pare un fiore con nove petali, ma pare anche una conchiglia che l’accosterebbe nuovamente a Venere-Lucifero, in alto nell’occhio compare un riflesso, un sole ovaloide o un disco volante.

“Luce” ha anche degli amici, “Friends” (Free-Ends sostiene lo scienziato Corrado Malanga):

“Fe” ha un giubbino rosso (fuoco), è un maschietto di colore, ha a sinistra un libro di fede.

“Xin” è una ragazza, ha giubbino verde(acqua) con orecchie e ha sinistra ha un orsetto, nella cultura tolteca l’orso indica coraggio (il coraggio dell’ascolto?).

 “Sky” è una ragazza, ha destra una chitarra, giubbino colorato di blu (cielo) ed essenza creativa, in altre parole sono tre elementi che completano “Luce”.

La campagna di brandizzazione ridonda d’immagini, c’è un’immagine con Aura, Luce e Santino che guardano a sinistra (Luce e Santino con occhi chiusi), con dietro la Vergine Maria o Iside (sostiene Corrado Malanga), che ha riflessi negli occhi i nove petali di un fiore o conchiglia e una cometa con una stella a cinque punte, i cinque elementi metafisici dell’acqua, dell’aria, del fuoco, della terra e dello spirito. 

Il simbolo del Tokidoki che fa capo al Designer Simone Legno?

Ricorda le anime pie del purgatorio? 

A Napoli sono ancora oggetto di culto, ma non sono state considerate nemiche dei Santi?

Simbolismi complessi che sintetizzano memoria e storia di un pellegrino che siamo noi, che in eterno attraversiamo il tempo, la vera questione è dove stiamo andando, in che direzione sta andando lo Stato Vaticano? 

Chi si sta adorando? 

Chi pratica il simbolo sa che il simbolo non direziona nessun altro che non sia l’individuo, la sua scrittura va oltre ciò che presenta come dogma e ci direziona dove sappiamo e dove vogliamo, accomunandoci e distinguendoci tutti, la risposta e la soluzione dell’enigma è nel fedele e nel suo santino di riferimenti, cosi sia, Amon…, cioè Amen!

Proposta Fallica, Sadica e Aggressiva.

Proposta Fallica, Sadica e Aggressiva.

Nella antica Grecia ed in altri luoghi e tempi, gli uomini non erano inconsapevoli della funzione naturale del fallo, e riconoscevano di essere preda del forte desiderio sessuale di manifestare con violenza la passione animalesca, oggi la violenza sulle donne è pratica quotidiana.
Nel campo dell’ arte ci sono moltissime raffigurazioni su queste pratiche, molto spesso con esseri mitologici per metà capra e metà uomo.

Artisti greci testimoniavano nelle rituali manifestazioni Dionisiache pagane e religiose enormi falli trasportati in cortei danzanti al suono dolce del flauto del dio Pan. In sul onore venivano costruiti templi e luoghi di culto.

La vitalità del fallo era insaziabile, atti naturali, istintivi e permissivi.

Molte sono le leggende, storie d’amore sublimate e poi narrate nei diffusissimi teatri di personaggi eroici e mitologici , spesso con finali drammatici. Opere famose sono le storie di Euripide, l’Odissea e l’Iliade, Orfeo ed Euridice,  Eracle e Onfale, ecc.

L’oggetto dall’ atteggiamento sensualmente persuasivo, rimanda ad una felicità senza dovere e senza responsabilità è il male dei nostri tempi per le violenze quotidiane che subiscono le donne.

Viviamo la nostra libertà sempre di più in situazioni che provocano un ansia insopportabile perché mancano informazioni Culturali su atti e fatti che subiscono gli individui.
A ragione o a torto l’inconveniente del dubbio criterio, il rapporto tra opera e realtà rischia di rendere ciechi alle sue virtù essenziali ed il fallo si trasforma in un buon esempio di perversione ” stravagante”.

L’opera si presenta sospesa in una eccitazione astratta guidata dal desiderio e dal piacere, sempre disponibile e priva di riguardo nei confronti della bellezza e in genere della forma.

L’oggetto diventa un fenomeno mediatico, e svolge il suo ruolo limitato per scarsa conoscenza culturale, oltre il senso del desiderio non c’è nulla.

La sensualità umana si manifesta in una varietà di forme e procedure pervertite che funzioneranno da antagonismo di fondo.

Antonio Milanese, Comandante Polvere

Gennaro Cilento: mutazione antropologica.

Mutazione Antropologica

 

Le opere di Gennaro Cilento possono sembrare fantasmagoriche, visionarie, ma non lo sono.

Esse rientrano nella pratica sprezzante della simulazione del reale che si manifesta nella palude della psiche dell’essere, e di conseguenza si concretizza nel tessuto sociale e familiare.

 

 

In questo ambito si accumulano emozioni, nuove sensazioni, sconcertanti credenze.

In condizioni estreme nasceranno nuovi valori funzionali, protesi a dissacrare tutti i comportamenti del pensiero tradizionale che porterà inevitabilmente al genocidio culturale millenario.
Lo strumento del potere è lo smartphone che elabora e trasmette messaggi e linguaggi modificati.

Il Sacro, le religioni non saranno altro che pratiche magiche, usanze che mettono in relazioni mondi diversi, reali ,spirituali e virtuali.

L’essere geneticamente modificato renderà l’ignoto più familiare con conseguenze profetiche incerte.
È in questa fase transitoria che l’arte entra in gioco ai confini della realtà con nuove funzioni simboliche, esteticamente oscene, opere che non saranno mai concluse, non finite, non definite.

 

L’artista sostituito navigherà senza vita in eterno nella rete verso l’ignoto.
Queste riflessioni nascono dalle opere di Gennaro Cilento realizzate circa una ventina di anni fa, una narrativa naufragante, testimoniano la disfatta della coscienza umana per una nuova svolta iconica, per uomini non più liberi.

Gennaro ripeteva spesso che la libertà è la Madre, non la figlia dell’ordine stabilito, la libertà oggi è la figlia della globalizzazione voluta dal potere senza volto che diventa sempre più potente.
La Storia insegna che la libertà, I diritti, la tutela dell’ambiente non sono mai concessi da coloro che detengono la ricchezza e il potere , ma sono sempre ottenute dalla gente comune con lo strumento della disobbedienza civile o con la rivoluzione.

RITORNATE NEI BOSCHI !

 

Antonio Milanese, Comandante Polvere

Tubo rotto, acqua e argilla!

Tubo rotto, acqua e argilla!

Ho sognato acqua, tanta acqua, tubature che si rompevano, panetti d’argilla che a contatto con l’acqua sporcavano in giro.

Questo avveniva in uno spazio onirico che non era il mio, ero in uno spazio di cui non ero padrone ma faceva capo alla mia ex moglie, nel sogno non compare, ma avverto la mia presenza, lo spazio era però dentro o adiacente la stazione centrale dei treni.

Nel sogno ho il terrore che la rottura di queste tubature (originata da un bagno) sia addebitato direttamente a me, nel sogno so che questo incidente inficerebbe la nostra relazione, lei non era presente, la sua presenza era nel panico che determinava la sua figura.

Nel sogno stava tornando col padre, contavo i panetti d’argilla, erano tutti aperti, erano quattro, mi chiedevo: perché ha aperto i panetti d’argilla tutti insieme? L’argilla secca e ora con tutta quest’acqua sporcherà tantissimo.

Contenuti archetipici:

Sognare acqua può volere dire: periodo di forti emozioni che non si vuole affrontare.

Sognare una perdita d’acqua:

bloccati in una situazione o in un atteggiamento che trattiene e che impedisce di progredire.

Sognare acqua in casa (infiltrazioni, allagamenti, perdite): Crisi interiore, sentimenti del sognatore potrebbero essere fuori controllo.

La stazione: luogo di passaggio. In alcuni casi, il sogno di una stazione può rappresentare un momento di passaggio nella nostra vita.

Combinazione di emozioni, desideri segreti e possibili situazioni che potrebbero accadere nel prossimo futuro.

Sognare ex moglie: il subconscio impiega tempo a somatizzare la separazione. 

Sognare il suocero defunto: un problema familiare, disaccordi, divergenze e scontri imminenti.

Inciampare su argilla: qualcosa di sgradevole, ma nuove interessanti iniziative.

Pozzanghera in una colata di fango: i piani sono destinati al fallimento